Harira marocchina
Questa zuppa viene generalmente preparata in grandi quantità durante il periodo del Ramadan da gustare accompagnata dalle chebakias, un dolce dall’aspetto simile a quello delle cartellate pugliesi, ricoperte di miele e sesamo.
Ricca di vitamine, contiene ceci e lenticchie, e dal sapore leggermente acidulo portato dalla tadouira.
Come in quasi tutte le zuppe del Maghreb, contiene carne di agnello, cipolla, pomodoro fresco, sedano e tanto coriandolo.
Cos’è Tadouira?
È un legante composto da acqua e farina, con l’aggiunta di succo di limone che conferisce questo gusto particolare all’harira, donandole tutta la cremosità che la caratterizza. Per evitare la formazione di grumi si deve impastare la farina con acqua fredda.
È come si riconosce un' harira cremosa al punto giusto?
Immergendo nella zuppa il cucchiaio, lo deve ricoprire.
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Fb mi ricorda questa meravigliosa avventura tra Portogallo e Spagna lo scorso anno.
8003 km percorsi in esattamente 4 mesi. 53 città vissute tra viuzze e gente del luogo. Mi sono sentita sempre a casa. Ho fatto un bagaglio di esperienze che difficilmente dimenticherò. Vivere 121 giorni in quasi 12 mq., dove nulla è mancato, microforno compreso, che ha sfornato di tutto. Ho sperimentato piatti del posto, fatto corsi online in collegamento con l'Italia. Corsi che mi hanno dato molta soddisfazione e hanno dato soddisfazione a chi ha partecipato. Ero partita con un pregiudizio sul Portogallo, nulla di più sbagliato. Ho dovuto ricredermi non appena c'ho messo piede. Devo dire che difficilmente lo dimenticherò. Difficile dimenticare un luogo dove l'alto senso di civiltà delle persone la tocchi in ogni angolo, in strada, persone sconosciute che di primo mattino incontri camminando che ti dicono "bom dia".
Non chiedetemi se preferisco il Portogallo o la Spagna. La mia risposta sarebbe scontata.
Lo possiamo definire il portabandiera tra i “dolci al cucchiaio” italiani ?
Io direi di si… la sua bontà non ha confini, è il “globetrotter” dei dolci….da nord a sud , da est a ovest lo ritroviamo li bello bello,con quel suo velo di cacao amaro, nei menù dei ristoranti anche oltreoceano.
Ha un passaporto internazionale…Parigi,Londra,Berlino New York,…è sempre di casa, è sempre il benvenuto, e fa sempre la sua bella figura.
…e le sue origini ?
Il tirame – sù così lo chiamano i Trevigiani nasce a Treviso….e io voglio che sia così…mi sento un po’ di parte…
Ecco cosa scrive Giampietro Rorato, giornalista e scrittore nonché storico della gastronomia nel suo libro “La Grande Cucina della Marca Trevigiana”
“Sul finire dell’800 un oste che esercitava appena fuori Treviso,vicino a una nota fabbrica di laterizi,non riusciva a vendere i panettoni che, per primo aveva importato da Milano. E non li volevano nemmeno le intraprendenti “signore” che avevano scelto la sua osteria per trascorrere le pause tra un impegno e l’altro della propria attività serale……Pensa e ripensa, l’oste decide di tagliare i panettoni,bagnarli con il caffè e farcirli con una specie di zabaione,ricoprendo il tutto con il cacao amaro. Una sera passo di lì un noto gentiluomo di Castelfranco Veneto, che era stato a teatro a Treviso. Questo signore fece fermare la sua carrozza nel cortile dell’osteria,trascorse un po’ di tempo con le sue amiche,quindi entrò nel locale per rifocillarsi. l’oste gli offri il nuovo dolce e il conte lo trovò così corroborante che quella notte,diversamente dal solito,la trascorse tutta all’osteria,prendendo la strada di casa solo alle prime luci dell’alba…..e l’approvazione fu sufficiente da far decollare quel nuovo dolce,in grado di “tirar sù” da qualsiasi stanchezza.”…che questa sia solo una leggenda ?
...forse la storia è un’altra, dico solamente che il tiramisù può tranquillamente meritarsi la “pole position” tra i dolci al cucchiaio e non solo.
torta salata con funghi chiodini, ricotta e pancetta stufata
Un ripieno preparato con funghi chiodini super bellissimi, piccolini come piacciono a me, ma soprattutto appena raccolti, della ricotta fresca e pancetta stufata tagliata a dadini.
Un guscio di pasta brisée, con un intreccio a mo’ di coperchio e il gioco è fatto.
I chiodini, nome scientifico Armillaria Mellea, prendono il nome dalla forma, infatti quando sono appena spuntati sembrano dei piccoli chiodi.
Il fungo chiodino non va consumato crudo…MAI.
Contiene una tossina proteica termolabile, che si inattiva a 65-70°C. che viene eliminata appunto solo una bollitura di almeno 10 minuti, schiumandoli durante la cottura.
Crescono in gruppo ai piedi degli alberi sia vivi che morti, e il colore cambia in base alla pianta.
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Amor polenta chiamato anche “dolce di Varese”.
È una torta tipica della tradizione lombarda, in particolare della città di Varese.
Un dolce semplice preparato con farina di mais fioretto, farina di mandorle e farina 00.
Curiosità:
La vera ricetta del dolce Varese ha ovviamente alcuni ingredienti segreti come l’aroma liquoroso che ha il sapore di Varese.
Ideata e depositata dalla famosa dinastia di pasticceri varesini Zamberletti, il dolce è nato alla fine degli anni trenta del secolo scorso quando Antonio Zamberletti, noto come Carlo, da poco rilevata dallo zio la pasticceria di via Como, studiando i dolci tipici lombardi, notò che a Varese curiosamente non esisteva un dolce significativo tale da rappresentare e ricordare la città.
Ne studiò uno a tavolino, ma senza inventare nulla, limitandosi ad attingere sapientemente dalla tradizione.
La ricetta nel blog.
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new york cheesecake topping
Ma come si dice?
Veramente ogni volta mi viene il dubbio…
Voi dite “la cheesecake” – torta al formaggio oppure
il cheesecake – dolce al formaggio –
Siccome la curiosità è femmina, come mi ripeto sempre, ho fatto una rapida ricerca nel web…si perché, anche se ho una bella enciclopedia sulla cucina le informazioni a riguardo sono veramente stringate.
Quindi non mi è rimasto che scrivere cheesecake e premere tasto invio.
Santo Wiki
“Molti studiosi e linguisti italiani hanno discusso sull’attribuzione del genere maschile o femminile della parola “cheesecake”. Alcuni preferiscono il genere femminile (la cheesecake), traducendo il termine in “torta al formaggio”, altri, traducendo la parola in “dolce al formaggio”, preferiscono il genere maschile. Alcuni studi del 2005 da parte dell’Accademia della Crusca riferiscono che sono adatti entrambi i generi attribuiti; un recente studio (giugno 2016), però, effettuato da alcuni studiosi toscani dell’ “Accademia di Dante Alighieri”, fa riferimento a forme etimologiche delle lingue indoeuropee ed è emerso che anche nei tempi più antichi (345 a.C.) veniva attribuito genere maschile a forme dolciarie molto simili all’attuale cheesecake.
Risolto il dubbio se chiamare questa preparazione al maschile o al femminile…com’è fatta e come si prepara?
Innanzitutto la cheesecake è un dolce “freddo”, anche se principalmente può essere di due tipi: cotto e crudo.
Ne esistono diverse varianti, realizzate nelle differenti nazioni in cui la torta è diffusa.
Solitamente la base viene preparata con biscotti tipo “Digestive”,sbriciolati finemente e impastati nuovamente con il burro sciolto in modo da poterli “lavorare” per ottenere la base del dolce.
In alternativa, io però non l’ho mai fatto, si possono sostituire i biscotti con della pasta frolla o con del pan di Spagna.
Mentre la crema per farcire la base è solitamente preparata formaggio fresco spalmabile tipo ricotta, robiola, e Philadelphia.
(Continua nel blog)
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Una linea blu lunga 5000 km unisce le gelide acque dei mari della Norvegia e le calde e colorate coste del Portogallo.
Ma cosa hanno in comune le isole a nord del circolo polare artico e la tavola di ogni portoghese che si
rispetti?
È presto detto:
"o fiel amigo bacalhau! – il fedele amico baccalà".
Non si tratta di una moda culinaria degli ultimi tempi, il baccalà norvegese delizia i palati dei lusitani sin dal XV secolo.
I navigatori portoghesi facevano di necessità virtù, il baccalà era, infatti, l’ideale compagno di viaggio nelle lunghe traversate transoceaniche, ma in oltre cinque secoli è diventato il fedele amico di ogni pasto di cui proprio non si può fare a meno (continua nel blog).
Pasteis de bacalhau - crocchette di baccalà
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La Linzer Torte è la torta di Linz, capitale dell’Alta Austria.
Questa definizione è riduttiva per descrivere questo dolce austriaco che viene considerato la ricetta più antica del mondo; per essere precisi, non è la torta ad essere la più antica, bensì la sua ricetta.
Per molto tempo la più antica ricetta al mondo era considerata essere quella della Stadt und Landesbibliothek di Vienna, risalente al 1696.
Nel 2005, però, è stata trovata una ricetta ancora più vecchia, datata 1653.
La torta Linzer è un classico delle feste della tradizione austriaca, in particolare per il periodo natalizio; la troviamo nella pasticceria ungherese, svizzera, tedesca e in quella tirolese.
Oltre alla ricetta, però, anche la storia di questo dolce è speciale.
La sua invenzione viene fatta risalire a un confettiere viennese di nome Linzer.
La sua popolarità però è merito dell’amore e di un uomo di nome Johann Konrad Vogel che, nel 1822, iniziò a lavorare per Katherina Kreß, vedova di un pasticcere di Linz, finendo poi per sposarla.
Proprio tra le mura di quella pasticceria i coniugi ebbero l’idea di iniziare la produzione, rendendola famosa in Europa.
Fu grazie a un viaggiatore che questo dolce austriaco varcò i confini europei e giunse addirittura negli Stati Uniti.
Si narra infatti che l’austriaco Franz Hölzlhuber intorno al 1850 portò la Linzer Torte a Milwaukee, in America.
Da lì la ricetta si diffuse in tutti gli Stati, diventando amatissima da milioni di americani.
Che cosa avrà di tanto speciale questa torta?
La torta di Linz è una crostata dall’impasto friabile arricchito con cannella, semi di garofano e limone.
Viene farcita con la confettura di ribes, oppure mirtilli, prugna, l’importante è che sia realizzata con frutta acida per contrastare il dolce della frolla; ricoperta da strisce di pasta che formano un reticolo e decorata con mandorle a lamelle.
La ricetta originale prevede l’uso delle nocciole tritate finemente nell’ impasto, ma si possono usare anche noci o mandorle.
La ricetta è quella di @AnnelieseKompatscher contenuta nel libro: “La cucina nelle Dolomiti”.
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