pastèis de bacalhau – crocchette di baccalà

Una linea blu lunga 5000 km unisce le gelide acque dei mari della Norvegia e le calde e colorate coste del
Portogallo.
Ma cosa hanno in comune le isole a nord del circolo polare artico e la tavola di ogni portoghese che si
rispetti?
È presto detto: o fiel amigo bacalhau! – il fedele amico baccalà.

Non si tratta di una moda culinaria degli ultimi tempi, il baccalà norvegese delizia i palati dei lusitani sin dal XV secolo.

I navigatori portoghesi facevano di necessità virtù, il baccalà era, infatti, l’ideale compagno di viaggio nelle lunghe traversate transoceaniche, ma in oltre cinque secoli è diventato il fedele amico di ogni pasto di cui proprio non si può fare a meno.

Due oceani così lontani uniti in nome dello stoccafisso?
Sembra un paradosso eppure una spiegazione c’è.
Quando le 150 navi della flotta di re João III (1502-1557) dettavano legge negli oceani di tutto il globo, non erano solo i vessilli del Portogallo a fare capolino in terre lontane, era il mondo intero che sbarcava nella terra natia di Vasco da Gama, con i suoi colori, le sue abitudini e i suoi sapori. Il vecchio continente deve ai navigatori portoghesi la scoperta del baccalà; un pesce proteico, poco grasso, di lunga conservazione e ben più pratico di quello fresco, ideale per sconfiggere la fame e la miseria dell’Europa del XV secolo. La tradizione culinaria del Portogallo affonda le sue radici proprio nella grande stagione dei viaggi e delle
esplorazioni. Nel Cinquecento, infatti, i marinai portoghesi erano soliti pescare il merluzzo bianco nelle acque del Nord Atlantico, preservandone la freschezza con la tecnica del sotto sale. La lunga conservazione del pesce permetteva di disporre di grandi quantità di cibo ad un costo effimero.
In questo modo, se da un lato i marinai avevano di che sfamarsi lungo i loro viaggi, in patria, i loro concittadini, non si sono lasciati sfuggire la bontà del baccalà, arrivando, addirittura, a crearne ben oltre le trecento ricette. Per smontare il paradosso, insomma, bisogna considerare che per secoli e secoli, l’oceano sterminato ha parlato l’idioma della terra del fado. Scrutando il mare con gli occhi di un navigatore
esperto, non si può in alcun modo affermare che il baccalà non appartenga a questa terra: per un
portoghese del XV secolo, abituato a navigare in lungo e largo per il mondo, andare per mare significava
essere a casa. Scoperto dai Vichinghi, che lo pescavano in abbondanza nei mari freddi dei paesi nordici. In
Portogallo il baccalà era considerato “pane dei mari” ed è oggi conosciuto come il “fedele amico”. La lunga e curiosa relazione di questo paese rivolto verso il mare con un pesce essiccato che non viene
pescato sulle sue coste inizia nel XIV secolo. I trattati commerciali con l’Inghilterra che prevedevano
lo scambio di sale per baccalà. A metà del 1500 una spedizione delle Grandi Scoperte
Portoghesi in viaggio verso l’India scopre Terranova e si dà inizio alla pesca del baccalà da parte dei
portoghesi.
Rapidamente i pescatori nazionali vennero espulsi dai corsari inglesi e francesi, che detenevano il dominio
della pesca in quest’area geografica. Per vari secoli questo pesce è stato un alimento esclusivo della Casa Reale e dell’aristocrazia, per poi diffondersi nell’entroterra del paese, nel XIX secolo, a causa della facilità di trasporto e conservazione.

Il consumo esponenziale del baccalà inizia durante lo Estado Novo – Stato Nuovo, conosciuto anche come
Seconda Repubblica portoghese, il regime dittatoriale instaurato in Portogallo negli anni trenta del XX secolo. Il regime cadde a sua volta dopo la Rivoluzione dei garofani del 1974. Fino ad allora il Portogallo importava la maggior parte del baccalà che consumava. Le compagnie di pesca nazionali non funzionavano ed il settore era disorganizzato, irregolare e con pochi investimenti, e la
popolazione soffriva la fame. Per ridurre la dipendenza dall’estero e garantire il rifornimento alimentare del paese, Salazar centralizza nello Stato l’organizzazione della pesca del baccalà, fomenta la nascita di cooperative e la cartellizzazione dei rifornimenti.
Con l’obiettivo di rendere questo pesce l’alimento nazionale nasce così, nel 1934, la famosa Campagna
del Baccalà. Partendo da Belém, Lisbona, i pescherecci per la pesca del baccalà erano luggers, barche a vela e velieri semi motorizzati, che trasportavano le doris, piccole barche in legno utilizzate per la pesca a traina, e potevano caricare tra le 900 e le 950 tonnellate di baccalà salato. Questo tipo di pesca era un lavoro duro e pericoloso. I pescatori dovevano affrontare il vento e le oscillazioni in alto mare, il pericolo di imbattersi in un iceberg ed i frequenti banchi di nebbia. In molti non riuscivano a
tornare ai pescherecci per la pesca del baccalà e morivano in alto mare. La transizione alla pesca a strascico con imbarcazioni moderne fu lenta e tardiva, fattore che probabilmente portò alla morte di questo settore. Durante la Seconda Guerra Mondiale il Portogallo continuò con la sua attività ittica. Nella traversata dell’Oceano Atlantico i sottomarini nazisti fecero affondare i pescherecci per la pesca del baccalà Maria da Glória e Delães.
Un accordo con gli Alleati determinò che i pescherecci portoghesi dedicati a questo tipo di pesca dovessero essere verniciati di bianco per segnalarne la neutralità, così da poter circolare per l’Atlantico in sicurezza. Per questa ragione vennero conosciuti come la “Flotta Bianca” (Frota Branca).

Il “Creoula”, il cui varo avvenne nel Tago il 10 Maggio 1937, venne utilizzato in quello stesso anno, e fino al 1973, nelle campagne di pesca di baccalà al largo dell’isola di Terranova e della Groenlandia, con uno
storico di navigazioni che equivale a più di venti volte il giro del mondo. Attualmente utilizzato nelle campagne d’istruzione della Marina Portoghese, questa imbarcazione è, insieme ad altri tre pescherecci per la pesca del baccalà (la “Santa Maria Manuela”, la “Argus” e la “Gazela”), uno degli ultimi superstiti di questa flotta. Dopo il conflitto, la pesca del baccalà diventa un emblema del sistema corporativo, tanto che nel 1957 il Portogallo è il primo produttore mondiale di baccalà salato essiccato e il livello di sostituzione delle importazioni si avvicina all’80%.
In quel periodo il grano ed il baccalà erano i prodotti di maggior peso nella struttura alimentare e nel bilancio commerciale del paese. Storicamente il processo di conservazione del baccalà aveva inizio sui pescherecci per la pesca del baccalà, dove veniva immediatamente salato. All’arrivo a terra il pesce veniva lavato per rimuovere il sale e fatto essiccare per essere poi disidratato. Il processo di essiccazione avveniva all’aperto nelle zone dell’Algarve, della Margem Sul del Tago, di Setúbal, Figueira da Foz, Aveiro e Viana do Castelo ed era un lavoro svolto principalmente da donne.
Con un’area di 360 ettari, le Salinas do Samouco (Saline di Samouco), ad Alcochete, furono il principale
produttore di sale della regione di Lisbona tra il 1930 e il 1970.
Da qui il sale veniva trasportato in nave verso l’isola di Terranova, per la salatura del baccalà, o a Cais do
Sodré, per il consumo nella capitale Portoghese. La Sociedade Nacional de Armadores de Bacalhau
(Società Nazionale di Armatori del Baccalà), una delle tre fabbriche di Alcochete dove il baccalà veniva
preparato ed essiccato e della quale resta oggi solo l’edificio, si trovava proprio all’ingresso di questo
complesso. Il 1974 rappresenta l’ultimo anno in cui una flotta di pescherecci per la pesca di baccalà parte verso Terranova, anno che coincide con la caduta della dittatura in Portogallo. I Portoghesi si dice che conoscano 1001 maniere diverse di cucinarlo. Attualmente, il 70% del baccalà arriva dalla Norvegia ed i Portoghesi sono responsabili del consumo del 20% della pesca mondiale, alla luce del consumo
sostenibile, dei cambiamenti climatici e della sua versatilità.
In Portogallo c’è chi sostiene che il baccalà, essendo così speciale, non sia nemmeno un pesce, ma appena baccalà!

ingredienti per 4 persone

  • 300 grammi di baccalà già ammollato e dissalato

  • 400 grammi di patate

  • 1 uovo

  • prezzemolo fresco tritato

  • 1 spicchio d’aglio

  • 1 cipolla piccola

  • sale fino

  • pepe nero macinato

  • pangrattato

  • olio di arachidi per friggere

preparazione

  • Fate cuocere il baccalà al vapore per 10 minuti, quindi
    fatelo raffreddare.
    Una volta freddo strizzatelo con un canovaccio pulito in
    modo da eliminare eventuali residui di acqua.
    Sfilettate il baccalà, eliminando pelle e lische.
  • Fate cuocere in acqua leggermente salata le patate;
    una volta cotte scolatele, sbucciatele quindi
    schiacciatele grossolanamente con la forchetta.
    Pelate la cipolla, tritate la finemente.
    Tritate le foglie di prezzemolo assieme allo spicchio
    d’aglio.
  • In una ciotola mettete le patate, il baccalà, il trito di
    prezzemolo e aglio ed infine la cipolla.
    Mescolate bene.
    Aggiungete l’uovo sbattuto, regolate di sale e pepe nero
    macinato.
  • Con le mani leggermente inumidite formate le
    crocchette, dandogli una forma ovale, quindi passatele
    nel pangrattato facendole rotolare delicatamente.
    In una padella a bordi alti scaldate l’olio di arachidi; non
    appena sarà caldo iniziate a cuocere le crocchette,
    poche alla volta.
    Fatele dorare, quindi scolatele con la paletta forata e
    poi adagiatele sulla carta assorbente.
    Servite.
  • Note: se l’impasto dovesse risultare troppo morbido non
    aggiungete la farina, meglio un po’ di pangrattato.